Quadro temporaneo: prospettive per il futuro e dubbi sul passato

Data pubblicazione: 19/10/2020

Temporary framework, ovvero «Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza da Covid-19». Si tratta delle misure varate dalla Commissione europea (in base all’articolo 107 del Trattato) che hanno consentito di prevedere varie forme di importante supporto a favore delle imprese (e, talvolta, dei professionisti).

Tuttavia, la scarsa chiarezza sull’applicazione delle limitazioni presenti nei documenti comunitari pongono i beneficiari delle misure in una situazione di estrema incertezza, rendendo non procrastinabile un intervento delle autorità in grado di coordinare la legislazione UE con quella interna. La prima Comunicazione della commissione C/2020/1863 final) – assunta il 19 marzo 2020 – è già stata ritoccata più volte, e la Commissione europea ha annunciato che tutte le aree del quadro temporaneo sono prorogate per sei mesi fino al 30 giugno 2021 e il sostegno alla ricapitalizzazione è confermato fino al 30 settembre.

Molti interventi di supporto sono stati assunti nell’ambito della Sezione 3.1 del Tf comprendente sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento, esoneri contributivi o altre forme diverse dalle garanzie statali, dai prestiti, dalle agevolazioni di tasso, dalla ricapitalizzazione delle imprese, dagli aiuti alla ricerca e sviluppo in campo Covid, dalla produzione di medicinali, e altro, che appartengono tutte a differenti sezioni del Tf. Questi aiuti non devono superare gli 800mila euro per impresa (al lordo di qualsiasi imposta od onere), limite che scende a 120mila euro nel settore della pesca e dell’acquacoltura e a 100mila euro nel settore della produzione agricola. Nel caso di un’impresa attiva in più settori, con massimali diversi, occorre garantire, con una separazione contabile, il rispetto del limite settoriale e, comunque, il rispetto dell’importo massimo complessivo degli 800mila euro. Perciò appare quanto mai necessario fornire alle imprese gli strumenti idonei per comprendere, in primo luogo, quali sono gli aiuti ricevuti in questi mesi che “cubano” nel limite previsto, risultato tutt’altro che semplice, tenendo conto che l’appartenenza del beneficio a questa categoria è stata talvolta “dichiarata” in documenti di prassi o provvedimenti attuativi senza che la legge vi facesse alcun riferimento (esempio il contributo a fondo perduto, articolo 25 D.L. Rilancio). Il tax credit adeguamento ambienti di lavoro (articolo 120 D.L. 34/2020, peraltro imponibile) rientra nel limite, mentre quello “sanificazione” (articolo 125) no, in quanto non selettivo (circolare 20/E/2020). Inoltre, può persino accadere che una stessa agevolazione (quale quella sugli aumenti di capitale agevolati, articolo 26 dello stesso decreto) preveda due bonus destinati a soggetti diversi (soci conferenti e società conferitarie), i quali, tuttavia, si sommano tra loro (e con gli altri aiuti “sezione 3.1”) ai fini del limite degli 800mila euro, causando una complessa procedura di dichiarazioni incrociate prevista dal decreto del 10 agosto scorso. Infine, non va sottovalutato il fatto che alcune misure sono di natura fiscale, altre di natura contributiva, spesso, quindi, trattate da uffici diversi o da consulenti differenti per la stessa impresa.

Il passo successivo va compiuto nello spiegare quale criterio adottare e quali meccanismi applicare in caso di superamento del limite. Ipotizziamo una società che abbia superato gli 800mila euro di aiuti nei mesi scorsi, non versando saldo e acconto Irap. Quale dei due va restituito e in che modo? Sono tutte domande che, ad oggi, non hanno risposta.

(Fonte: Il Sole 24 Ore)