Plastica, male assoluto? Anche una risorsa, se sfruttata con intelligenza

Data pubblicazione: 17/05/2019

Negli ultimi anni, quando si parla di inquinamento, la plastica è la prima a salire sul banco degli imputati; e indubbiamente la situazione di mari e oceani, contaminati non solo e non tanto da plastiche “macro” quanto piuttosto da nanomateriali dell’ordine dimensionale di miliardesimi di millimetro, pone una questione molto seria e grave alla quale i governi del pianeta devono trovare urgentemente soluzioni efficaci e durevoli.

Ma come spesso succede, tra il bene e il male ci sono molte sfumature, e uno studio condotto dall’istituto di promozione del riciclo della plastica cerca di fare chiarezza sulla questione.
Qualche dato, innanzitutto: secondo l’Ippr, nel 2018 sono stati prodotti in Italia beni di plastica per 5,8 milioni di tonnellate alle quali si aggiungono circa un milione di tonnellate di plastiche riciclate. La Federazione Gomma Plastica Unionplast dice che l’industria italiana di lavorazione delle plastiche è formata da 11mila imprese per un fatturato di oltre 30 miliardi di euro.

In realtà, la plastica inizia ad essere “problematica” quando diventa rifiuto: “a monte”, cioè durante il suo ciclo di vita “attiva”, essa è igienica, infrangibile e leggerissima, e ciò la rende un materiale che conserva in modo sterile e duraturo gli alimenti, a differenza di materiali spesso pesanti, degradabili, contaminanti e fragili usati da chi aborre la plastica o da chi predilige il vuoto a rendere.

Due fattori, secondo Ippr, rendono insostenibile la situazione dei rifiuti di plastica: la carenza di impianti di selezione, trattamento e riciclo di materie, e l’ignoranza dei consumatori: siamo generosi nel raccogliere e destinare al riciclo ma siamo al tempo stesso esigentissimi e i prodotti rigenerati, fatti con materia prima seconda, vengono troppo spesso respinti.

Al di là di esperimenti senz’altro interessanti come la diga ferma-rifiuti del Po, occorre quindi, da un lato, incentivare e promuovere la costruzione di nuovi impianti di trattamento della plastica, e di impianti in grado di produrre energia a partire dai rifiuti di plastica; dall’altro lato, è indispensabile diffondere tra i consumatori finali la cultura del riutilizzo e della sostenibilità ambientale, nell’ottica di lasciare ai nostri figli un mondo un po’ più pulito e vivibile.

(Fonti: Il Sole 24 Ore/Ufficio Studi SAEF)