I campi elettromagnetici

Data pubblicazione: 04/03/2022

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Valutazione dell’esposizione a Campi elettromagnetici

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La casistica

Cosa s’intende per “radiazione non ionizzante” e per “campi elettromagnetici” sul luogo di lavoro

I campi elettromagnetici rappresentano una vasta gamma di fattispecie che è possibile riscontrare all’interno di un luogo di lavoro. Si pensi a tutte quelle attività produttive che producono radiazioni di ogni genere e onde magnetiche.

Tecnicamente quando si parla di “radiazioni non ionizzanti” si intende quella componente dello spettro elettromagnetico che interagisce con la materia attraverso meccanismi non riconducibili al processo di ionizzazione. Questo perché a livello fisico lo spettro elettromagnetico è diviso in una sezione ionizzante che comprende raggi gamma e raggi X e in una non ionizzante.

La prima sezione (quella ionizzante) è composta da elementi che contengono energia sufficiente per ionizzare in forma diretta molecole e atomi. La parte non ionizzante dello spettro elettromagnetico, invece è a sua volta suddivisa in due parti, a seconda della frequenza: una parte ottica (che comprende le radiazioni ultraviolette, la radiazione infrarossa e la luce visibile) e una non ottica, che comprende una vasta rosa di elementi, dalle microonde ai campi elettrici e magnetici (sia a bassa frequenza che statici) fino alle radiofrequenze.

Per quanto riguarda i campi elettromagnetici sul luogo di lavoro si parla proprio di quest’ultima componente dello spettro elettromagnetico, poiché è l’insieme di quegli elementi che possono essere ricondotti a particolari condizioni di lavoro e di processi produttivi.

È chiaro che le fattispecie di rischio che possono verificarsi per quanto riguarda la presenza di campi elettromagnetici nel luogo di lavoro sono molteplici e – come si vedrà in seguito – possono avere effetti sia diretti, che indiretti sulla salute umana, proprio per il fatto che interagiscono con la “materia”. Ecco perché è importante, in tema di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, procedere a indagini specifiche per misurare l’intensità e la potenziale nocività dei campi elettromagnetici, non soltanto perché lo dice una normativa statale, ma soprattutto perché solo in questo modo si può realmente tutelare la salute dei lavoratori, ovvero il bene primario all’interno dell’azienda.

Gli effetti sul corpo umano

In seguito all’illustrazione di cui in precedenza su cosa si intende per campi elettromagnetici presenti in un luogo di lavoro, è necessario implementare la spiegazione, andando a capire come questi campi elettromagnetici influiscono su quella che è chiamata “materia”, ovvero sul corpo umano inteso come “materia biologica”.

In questo caso è necessario fare un distinguo netto, perché l’effetto dei campi elettromagnetici ha due effetti fondamentali sulla “materia”. Si parla, infatti, sia di effetti diretti che di effetti indiretti.

Per effetti diretti si intendono quell’interazione diretta fra i campi e il corpo umano. E anche in questo caso, dipende dalla frequenza dei campi. Se la frequenza è bassa (e per bassa si intende fino a 1 megahertz), si verifica un’induzione di correnti elettriche in quei tessuti umani che sono “stimolabili” elettricamente, ovvero i nervi e la muscolatura. Quando aumenta la frequenza sopra 1 megahertz, progressivamente aumenta il carico di energia che dai campi raggiunge il corpo umano, si verifica un movimento oscillatorio maggiore di ioni e molecole di acqua, fino alla produzione di riscaldamento e calore. E il riscaldamento è l’effetto che permane quando la frequenza supera i 10 megahertz, mentre per frequenze molto elevate (quelle che superano i 10 megahertz) l’effetto dei campi magnetici viene assorbito esclusivamente dalla cute, ovvero dalla corteccia umana.

Questi, quindi, gli effetti diretti dei campi elettromagnetici, che vengono a manifestarsi quando l’induzione supera determinate soglie. E proprio su questa soglia si basa la disciplina che mira a definire dei valori limite, ovvero valori che non influiscano sulla materia in forma dannosa. Ovviamente la soglia è calcolata su soggetti sani e privi di controindicazioni specifiche all’esposizione. Nel caso in cui queste controindicazioni siano palesi e note, il lavoratore non potrà essere esposto ai campi elettromagnetici anche sottosoglia di attenzione.

Ma gli effetti, come accennato, non solo soltanto diretti.

I cosiddetti “effetti indiretti” sono quelli in grado di produrre problematiche e danni alla salute umana e sono i più “infimi” perché spesso le soglie della normativa potrebbero anche non escludere un coinvolgimento della “materia umana” all’effetto dei campi elettromagnetici. Per effetti indiretti si intendono tutte le interferenze che possono incorrere fra l’effetto dell’esposizione e i dispositivi medici elettronici, stimolatori cardiaci, defibrillatori, protesi e dispositivi passivi, dai chiodi, alle piastre. Non solo: come effetti indiretti sono contemplati anche quelli di interazione con tatuaggi, piercing, schegge metalliche. Ma effetto indiretto pericoloso per la salute umana nei luoghi di lavoro potrebbe essere all’innesco involontario di detonatori, incendi o esplosioni, scosse elettriche e ustioni.

Si intuisce che ci sono, quindi, particolari categorie di lavoratori che sono particolarmente esposte all’effetto dei campi magnetici.

La normativa

I campi elettromagnetici nei luoghi di lavoro: cosa dice la normativa

Per quanto riguarda la presenza di campi elettromagnetici nei luoghi di lavoro, potenzialmente nocivi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, il principale riferimento normativo è il Testo unico sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, ovvero il decreto legislativo numero 81 del 2008. La sezione dedicata al rischio per la presenza di campi elettromagnetici è il Capo IV del titolo VIII che indica le specifiche disposizioni “in materia di protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettromagnetici”.

Rispetto alla stesura originaria, la sezione del Testo unico è stata oggetto di una sostanziale modifica, ovvero il decreto legislativo numero 159 del 2016 che ha recepito per la nostra nazione la direttiva numero 35 dell’Unione europea, del 2013. L’attuale normativa è quindi in vigore dall’inizio di settembre del 2016.

La normativa di riferimento, così come integrata attraverso le molteplici fonti che concorrono a definire il quadro complessivo, prevede: “Nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’articolo 181 (Testo Unico sicurezza e salute nei luoghi di lavoro), il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati in conformità alle norme europee standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC). Finché le citate norme non avranno contemplato tutte le pertinenti situazioni per quanto riguarda la valutazione, misurazione e calcolo dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici, il datore di lavoro adotta le specifiche buone prassi individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, o, in alternativa, quelle del Comitato Elettrotecnico italiano (CEI), tenendo conto, se necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle attrezzature. A seguito della valutazione dei livelli dei campi elettromagnetici effettuata in conformità al comma 1, qualora risulti che siano superati i valori di azione di cui all’articolo 208, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, calcola se i valori limite di esposizione sono stati superati. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai commi 1 e 2 non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro accessibili al pubblico, purché si sia già proceduto ad una valutazione conformemente alle disposizioni relative alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz e risultino rispettate per i lavoratori le restrizioni previste dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999(N), e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza“.

Da quanto contenuto nella sezione introduttiva del decreto 81 del 2008 riguardante il rischio di esposizione ai campi elettromagnetici, appare molto chiaro che non si tratta di una problematica secondaria, ma primaria per la tutela e la salute dei lavoratori, tant’è che obbliga il datore di lavoro a specifiche e dettagliate indagini che siano in grado di escludere danni alla salute, o, come visto in precedenza, effetti diretti o indiretti nocivi sulla materia.

Sempre secondo la normativa, il cui riferimento principale è il decreto 81/2008, è importante aggiungere che “I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti a campi elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere indicati con un’apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel caso che dalla valutazione effettuata a norma dell’articolo 209, comma 2, il datore di lavoro dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza. Dette aree sono inoltre identificate e l’accesso alle stesse è limitato laddove ciò sia tecnicamente possibile e sussista il rischio di un superamento dei valori limite di esposizione. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai valori limite di esposizione. Allorché, nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente capo, i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l’esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento“.

Si tratta quindi di una normativa molto chiara e diretta, che obbliga il datore di lavoro a porre particolare attenzione alla problematica, identificandone i contorni in forma molto seria e facendo tutto ciò che è in suo potere per abbattere ogni potenziale effetto nocivo sulla persona, frutto dell’esposizione ai campi elettromagnetici nel luogo di lavoro.

L’insieme di normative alle quali fare riferimento

Trattandosi di una materia particolarmente complessa, sia a livello fisico che a livello giuridico legale, più che di un’unica normativa, si parla di un quadro normativo trasversale alle materie e alle competenze, pur specificando che il testo base rimane sempre il decreto 81 del 2008.

Importanti le indicazioni provenienti dall’Unione europea, prima fra tutte la direttiva 35 del 2013, che a sua volta è andata ad abrogare una precedente direttiva, risalente al 2004, sulla stessa materia.

Alla definizione del quadro normativo concorre, come anche per altri aspetti della tematica della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, anche il coordinamento tecnico delle Regioni e delle Province autonome.

La logica di fondo della normativa, tuttavia, è da considerare in forma internazionale, proprio perché gli Stati membri UE stanno cercando da molto tempo di omologare la disciplina: dalla UE quindi arrivano le macro-indicazioni, che vengono recepite negli ordinamenti degli Stati membri e declinate successivamente in un confronto anche a livello territoriale.

Importanti indicazioni devono essere fornite ai costruttori delle attrezzature di lavoro, i quali devono rispettare e dare evidenza del rispetto della DIRETTIVA 2014/30/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 febbraio 2014 concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica.

L’indagine

Come avviene la misurazione

L’elemento chiave della valutazione del livello di rischio in questo ambito specifico della tematica della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ovvero in quello dei campi elettromagnetici, è la misurazione del fenomeno. E la misurazione, da ciò che è contenuto nella normativa di riferimento, deve andare ad indagare alcuni elementi irrinunciabili:

  • il livello;
  • lo spettro di frequenza;
  • la durata e il tipo dell’esposizione;
  • i valori limite di esposizione e i valori di azione;
  • tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio;
  • qualsiasi effetto indiretto (interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici compresi stimolatori cardiaci e altri dispositivi impiantati; rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi magnetici statici con induzione magnetica superiore e gli altri effetti indiretti citati in precedenza).

Viste queste caratteristiche tecniche molto particolari, la strumentazione di misura deve essere altrettanto particolareggiata, ma sempre paragonata alle caratteristiche delle sorgenti di emissione, esaminando alcuni parametri su tutti:

  • l’intervallo di frequenza di emissione;
  • l’intensità e la forma d’onda previste;
  • il tipo di campo atteso (elettrico, magnetico, elettromagnetico) e la sua rapidità di variazione nello spazio.

Importante, soprattutto per gli ultimi due parametri, la distanza del punto di misura dalla sorgente. Inoltre, gli strumenti di misura devono ottemperare alle norme CEI 211-6 e 211-7.

Le moderne strumentazioni di misura si basano sulle sonde triassiali. Per quanto riguarda invece gli effetti termici, lo strumento utilizzato dovrà consentire una misurazione dettagliata e specifica. Essendo il campo di utilizzo molto vasto, non è possibile ricondurre l’attività di misurazione ad un solo strumento oppure ad una sola tecnologia, ma a molteplici elementi che possono anche concorrere alla definizione precisa del quadro dei campi elettromagnetici presenti in un luogo di lavoro. Da tenere in considerazione, infatti, ci sono molti fattori, fra i quali il tempo di misurazione, l’elemento da misurare, la distanza dalla fonte allo strumento o all’attrezzatura di misurazione.

In ogni caso la normativa prevede che la misurazione debba essere svolta da tecnici specialisti.

Quando è obbligatoria?

Il tema dei campi elettromagnetici è molto particolare, proprio perché a differenza, ad esempio, di altri agenti fisici che possono influire sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, l’effetto dei campi elettromagnetici non è immediatamente visibile o udibile. È quindi difficile stabilire l’obbligatorietà assoluta in funzione di parametri fissi.

Bisogna però tenere in considerazione un principio di riferimento che non vale soltanto per i campi elettromagnetici ma per tutto ciò che riguarda la materia della salute e della sicurezza nel luogo di lavoro. Il principio è quello secondo cui la normativa stabilisce che il datore di lavoro sia tenuto ad indagare su tutti i potenziali rischi che possono incorrere sui propri lavoratori. Appare chiaro che la valutazione debba essere una decisione congiunta fra datore di lavoro, responsabile della sicurezza e della salute e medico competente e che la decisione vada presa in funzione della presenza o meno di fonti emittenti campi elettromagnetici che potrebbero essere potenzialmente nocivi. Tutto parte quindi dall’analisi delle lavorazioni e dei processi produttivi e del ragionevole dubbio rispetto all’effetto dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici.

La valutazione, tuttavia, è sempre consigliata a fronte della presenza di campi elettromagnetici, anche se l’intensità dovesse rivelarsi non nociva per i lavoratori. Come ogni indagine, inoltre, va a comporre una sezione del documento di valutazione dei rischi e deve essere rinnovata ogni quattro anni, nonché in concomitanza con variazioni significative del processo produttivo.

Essendo un passaggio normativo, la mancata valutazione di questo rischia comporta sanzioni penali e pecuniarie a carico del datore di lavoro, ovvero, a seconda della tipologia di violazione l’arresto da un minimo di 2 a un massimo di 6 mesi e un’ammenda che può variare da 822 a 4.384 euro.

L’unione Europea ha pubblicato la “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici“; nella stessa è presente una tabella nella quale sono elencate molte attività lavorative, apparecchiature e luoghi di lavoro comuni ed indica la necessità o meno di effettuare una valutazione specifica per:

  1. i lavoratori con dispositivi impiantati attivi;
  2. altri lavoratori esposti a particolari rischi;
  3. i lavoratori non esposti a particolari rischi;

La guida pratica è stata elaborata per aiutare i datori di lavoro, in particolare nelle piccole e medie imprese (PMI), a capire che cosa sia necessario fare per conformarsi alla direttiva, ma può essere utile anche per i lavoratori, i rappresentanti dei lavoratori e le autorità di regolamentazione degli Stati membri.

Essa è costituita da due volumi e da una guida specifica per le PMI:

  • il volume 1 della guida pratica fornisce consigli per l’esecuzione della valutazione del rischio ed altre informazioni sulle opzioni disponibili nel caso in cui i datori di lavoro debbano adottare ulteriori misure di protezione o di prevenzione;
  • il volume 2 presenta dodici studi di casi che spiegano ai datori di lavoro come effettuare le valutazioni ed illustrano alcune delle misure di prevenzione e di protezione che potrebbero scegliere ed applicare. Gli studi di casi sono presentati nel contesto di luoghi di lavoro comuni, ma sono stati svolti sulla base di situazioni di lavoro reali.

La Guida per le PMI offre assistenza per una valutazione iniziale dei rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro. In base ai suoi risultati, la valutazione aiuta a decidere se è necessario adottare ulteriori misure in conformità alla direttiva relativa ai campi elettromagnetici.

Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi

Articolo 210138 – Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi
1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti che i valori di azione di cui all’articolo 208 sono superati, il datore di lavoro, a meno che la valutazione effettuata a norma dell’articolo 209comma 1, dimostri che i pertinenti valori limite di esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d’azione che comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai valori limite di esposizione relativi agli effetti sensoriali e ai valori limite di esposizione relativi agli effetti sanitari, tenendo conto in particolare:

  1. di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai campi elettromagnetici;
  2. della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici di intensità inferiore, tenuto conto del lavoro da svolgere;
  3. delle misure tecniche per ridurre l’emissione dei campi elettromagnetici, incluso se necessario l’uso di dispositivi di sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
  4. degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
  5. della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
  6. della limitazione della durata e dell’intensità dell’esposizione;
  7. della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale;
  8. di misure appropriate al fine di limitare e controllare l’accesso, quali segnali, etichette, segnaletica al suolo e barriere;
  9. in caso di esposizione a campi elettrici, delle misure e procedure volte a gestire le scariche elettriche e le correnti di contatto mediante mezzi tecnici e mediante la formazione dei lavoratori.

Conclusioni

In sintesi…

L’indagine sui campi elettromagnetici è un importante passaggio volto a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro. I danni alla “materia” (intendendo come “materia” il corpo umano) possono, infatti, essere fra i più disparati: dall’apparato riproduttivo al sistema immunitario, dall’apparato cardiocircolatorio alla sfera comportamentale.

Ogni datore di lavoro è tenuto alla misurazione, in funzione anche di un solo ragionevole dubbio sulla presenza di esposizioni potenzialmente nocive.

La materia è regolata nel decreto 81 del 2008 così come integrato e modificato dalle normative europee e dagli accordi di natura territoriale.

La misurazione dei campi elettromagnetici deve essere svolta da professionisti, avvalendosi di attrezzature adeguate allo scopo e al risultato atteso.

Fonti

Decreto 81/2008
Portale Agenti fisici
INAIL

Il servizio saef per questa casistica

SAEF, attraverso il ricorso ai propri tecnici specializzati e utilizzando le attrezzature e le tecnologie di ultima generazione, garantisce ad ogni azienda tutto il percorso di valutazione e misurazione del rischio sui campi elettromagnetici.