La legge di bilancio conterrà almeno un parziale rafforzamento del piano sugli incentivi 4.0: le modifiche sono allo studio da parte del Ministero dello sviluppo economico. Il centro studi di Confindustria intanto mostra gli effetti positivi delle agevolazioni, con una serie di dati basati sui risultati 2017 e 2018, quando il programma si basava su iperammortamento e superammortamento fiscale (sostituiti dagli attuali crediti d’imposta).
L’analisi condotta da CsC insieme al ministero dell’Economia sulle dichiarazioni fiscali, sui dati Istat e sugli ordini Ucimu (macchine utensili) evidenzia che i benefici fiscali, nel 2017, hanno interessato 10,2 miliardi di euro di investimenti, con una stima per il 2018 di 15,2 miliardi.
Gli investimenti in beni strumentali connessi alla trasformazione digitale hanno quindi registrato un incremento pari a quasi il 50%, e la quota di questa tipologia di spese rispetto al totale dei nuovi macchinari e attrezzature industriali acquistati dalle imprese italiane è salita dall’11% nel 2017 al 15,8% nel 2018.
In prevalenza si è trattato di spese realizzate da piccole e medie imprese che non avevano effettuato investimenti in tecnologie 4.0 prima del 2017. Circa il 69% del valore degli investimenti agevolati in beni materiali nel 2018 è stato realizzato da aziende con un numero di addetti tra 10 e 249, il 28% da imprese più grandi.
La maggiore crescita occupazionale nelle imprese che hanno beneficiato dell’agevolazione, rispetto ad imprese simili che non ne hanno beneficiato, è stata di circa 7 punti percentuali. L’aumento degli occupati ha riguardato soprattutto lavoratori under 35, operai specializzati e conduttori di impianti e macchinari. In particolare, si stima che il numero di dipendenti sia cresciuto dell’11,3% tra la fine del 2016 e marzo 2019 nelle imprese beneficiarie dell’iperammortamento nel 2017, contro una crescita del 4,4% per imprese con caratteristiche simili ma che non avevano utilizzato l’agevolazione fiscale in quell’anno.
Nel complesso il tasso di crescita è stato più alto tra le grandi imprese e tra quelle localizzate nel Mezzogiorno.
L’analisi approfondisce poi l’effetto degli incentivi distinguendo tra il grado di maturità digitale delle imprese, classificato dall’Istat con cinque livelli. Emerge che quasi l’85% delle imprese beneficiare dell’iper-ammortamento nel 2017 (nelle classi Istat molto-bassa, bassa, medio-bassa) non aveva effettuato investimenti in tecnologie 4.0 prima di quell’anno. Inoltre, in un terzo dei casi sono state coinvolte aziende appartenenti proprio alla parte più digitalmente arretrata del sistema produttivo. Csc osserva che per una quota rilevante degli investimenti in tecnologie 4.0 avviati dal 2017 si può ritenere che l’iperammortamento sia stato decisivo per attivare spese che altrimenti non sarebbero state fatte.
Lo studio si sofferma poi sugli sviluppi che potrebbe avere il piano, nato come Industria 4.0 e poi ridefinito dal Mise prima Impresa 4.0 poi Transizione 4.0. La stabilizzazione degli incentivi per almeno un triennio, l’immediata fruibilità del credito d’imposta sugli investimenti 4.0 (con il meccanismo dello sconto in fattura e della cedibilità del credito al sistema finanziario) e l’innalzamento delle sue aliquote sono misure di immediata implementazione che darebbero un forte segnale positivo alle imprese.
(Fonte: Il Sole 24 ore)