Asintomatici e test rapidi: perché e come integrare il protocollo sanitario aziendale

Data pubblicazione: 28/01/2021

Sebbene le evidenze scientifiche formatesi nel corso dell’emergenza epidemiologica confermino la significativa incidenza dei soggetti pre-sintomatici e asintomatici in relazione alla diffusione del contagio anche nei luoghi di lavoro, le prescrizioni dettate dal Protocollo 24 aprile 2020 non offrono un’adeguata tutela contro tale fonte di rischio. Il Ministero della Salute, con le sue recenti indicazioni, attribuisce un decisivo rilievo in termini di prevenzione generale all’attuazione di strategie di testing (sierologico e antigenico) sui lavoratori. Quali misure deve adottare l’azienda a tutela della sicurezza sul lavoro?

Il Ministero della Salute ha precisato come il test antigenico rapido possa essere utilmente impiegato al fine di contrastare il rischio di contagio sia con riferimento a soggetti con sintomi – quando sia necessario adottare provvedimenti e misure di tutela della salute con estrema rapidità – sia in relazione a soggetti che, pur non manifestando alcun sintomo, operino in un contesto in cui è attesa una percentuale di positività elevata.

Le indicazioni trovano ovviamente applicazione anche con riguardo ai luoghi di lavoro, laddove il rischio di non poter prontamente individuare i soggetti asintomatici o pre-sintomatici può essere contrastato per effetto della tempestività con cui è possibile conoscere l’esito di un test antigenico nonché dell’osservanza di una periodicità opportunamente programmata dell’attività d’indagine stessa.

Nell’ambito dell’impianto normativo definito dal Protocollo 24 aprile 2020 l’attività di screening di soggetti asintomatici o pre-sintomatici non è espressamente disciplinata. Infatti si prevede che in fase di ingresso nelle pertinenze aziendali sia rilevata la sola temperatura corporea e debba essere resa nota l’eventualità di essere stato in contatto con un soggetto positivo al virus nel corso dei precedenti 14 giorni o di provenire da una zona a rischio. Le medesime disposizioni trovano applicazione anche nel caso di ingresso di soggetti terzi.

È evidente come tali misure di contrasto del rischio di contagio non abbiano efficacia alcuna con riferimento ai soggetti asintomatici o pre-sintomatici.

L’adozione di una strategia di testing e screening comporta la definizione e l’attuazione di misure organizzative e procedure che anticipano, con ampio margine, alcuni temi che hanno concorso ad alimentare l’attuale acceso dibattito con riferimento agli effetti giuridici che, stando al vigente quadro normativo, potrebbero prefigurarsi nell’ipotesi in cui il lavoratore rifiuti di sottoporsi alla vaccinazione; richiamandosi all’obbligo di sicurezza che il citato art. 2087 del cod. civ. attribuisce al datore di lavoro, taluni ritengono che il rifiuto del lavoratore di sottoporsi a detto trattamento sanitario possa anche integrare, una volta accertata l’impercorribilità di soluzione organizzative alternative, l’ipotesi legittima di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Superando dunque i limiti di una lacunosa produzione legislativa con particolare riferimento al Protocollo 24 aprile 2020, al datore di lavoro non resterebbe che:

  • procedere ad una nuova valutazione dei rischi;
  • modificare le procedure esistenti sulla base dell’esito dell’attività di valutazione dei rischi stessa, perché possano essere contrastate anche le (nuove) fonti di rischio correlate ai soggetti asintomatici e pre-sintomatici;
  • porre in essere le opportune “misure equivalenti o più incisive” quali, con riferimento al caso di specie, indagini diagnostiche condotte attraverso l’impiego di test sierologici qualitativi o quantitativi, tamponi molecolari o antigenici o test salivari;
  • prevedere l’introduzione di misure organizzative che eliminino il rischio di contagio (ad esempio, ricorrendo al lavoro agile) ovvero ricorrere ad una combinazione di misure organizzative e tecniche che riducano, per quanto possibile, il rischio nei luoghi di lavoro.

Le considerazioni appena svolte devono intendersi estese anche al rischio di contagio interferenziale, disciplinato dal paragrafo 3 del Protocollo 24 aprile 2020.

(Fonte: Ipsoa)